Sinagoga Saluzzo
RESTAURO DELLA SALA DI PREGHIERA E DEL MATRONEOIl Ghetto di Saluzzo viene istituito nel 1724, dopo che già precedentemente si era tentato di ottenere la segregazione degli Ebrei, ed è sostituito nel 1795 da un secondo insediamento, lungo l’antica via Venezia, oggi via Deportati Ebrei, nel centro cittadino. La via è intitolata a quei ventinove dei quarantadue Ebrei residenti a Saluzzo che furono deportati nei lager senza far più ritorno a casa.
I primi Ebrei arrivarono a Saluzzo alla fine del XV secolo – cacciati prima dalle terre di Spagna, poi dalla vicina frazione di Piasco – e con il tempo divennero un nucleo stabile. La città faceva parte del Marchesato di Saluzzo quando, nei primi anni del Seicento, passò sotto la dominazione sabauda. A quel tempo la popolazione ebraica delle località vicine, che già faceva capo alla Comunità saluzzese, si raccoglieva nella città, più sicura delle zone circostanti. La storia degli Ebrei saluzzesi si è intrecciata con le vicende cittadine, tanto che alcuni di essi sono stati attivi nell’amministrazione pubblica del periodo napoleonico.
Quando fu promulgato lo Statuto Albertino, dopo il buio periodo della Restaurazione, gli Ebrei festeggiarono l’avvenimento ornando l’ingresso del Ghetto con luminarie e iscrizioni in onore del sovrano.
A partire dall’inizio del Novecento anche Saluzzo ha assistito al declino demografico della propria Comunità, che è stata assorbita nel 1931 da quella torinese.
Dalla strada, attraverso un grande arco, si entra nel cortile di quello che era stato il Ghetto di cui si intuisce, nonostante le recenti trasformazioni edilizie, la configurazione originaria.
La Sinagoga, di ampie dimensioni, è situata all’ultimo piano dell’edificio. L’attuale Sala di preghiera, probabilmente sorta dalla riplasmazione di una precedente sinagoga, è stata realizzata nel 1832, grazie a generose offerte dei fedeli. La configurazione dello spazio presenta una disposizione interna che anticipa i caratteri di molte sinagoghe del periodo seguente all’Emancipazione, che lo Statuto Albertino avrebbe sancito pochi anni dopo.
La zona d’ingresso è sovrastata dal matroneo, sorretto da colonne e schermato da una fitta grata di legno. L’ARÒN e la TEVÀ, posta dinanzi a esso, accolgono lo sguardo di coloro che entrano nella sala e si siedono nei banchi. L’ARÒN, in legno, con preziosi intarsi dorati, è appoggiato lungo la parete e sostituisce un precedente armadio oggi conservato a Gerusalemme. La TEVÀ è un semplice leggio recintato da una balaustra in legno e privo di coronamento. La luce, che durante il giorno proviene dalle otto grandi finestre poste sui lati della sala, è arricchita dai numerosi lampadari in cristallo che pendono dal soffitto voltato, e si specchia negli inserti dell’ARÒN, creando morbidi riflessi. Una sola iscrizione impreziosisce le pareti, prive di particolari decorazioni, ma la volta affrescata con raffigurazioni simboliche domina lo spazio della sala. Al piano superiore, accanto al matroneo – cui si accede dalla scala e dal piccolo spazio antistante l’ingresso della sala stessa – vi è una stanzetta destinata all’educazione dei bambini.
Il progetto di restauro prevedeva, in un primo tempo, che sulle pareti e sulla volta della sala fosse consolidato e integrato lo strato pittorico più recente, in considerazione della corrispondenza con l’impianto architettonico della sala e il suo valore di immagine fissata nella memoria degli ultimi membri della comunità Ebraica saluzzese.
La Sinagoga, durante i lavori di restauro, ha rivelato uno strato pittorico precedente che, pur con vaste lacune, presenta caratteri originali e imprevisti. Caratteri che hanno indotto a modificare le prime ipotesi progettuali, per liberare e restaurare una consistente parte della decorazione più antica. Con il restauro è affiorato un affresco composto da una serie di raffigurazioni allegoriche; una anomalia rispetto all’ampio panorama delle sinagoghe italiane, nelle cui decorazioni parietali è per lo più assente la rappresentazione di figure. Il repertorio allegorico emerso dal restauro rimanda direttamente alle raffigurazioni presenti nelle ante del vecchio ARÒN HAQÒDESH, e conferma l’ipotesi di una precedente configurazione della sala, probabilmente settecentesca.
L’intervento di restauro è stato realizzato intorno al 1990 su progetto degli architetti Franco Lattes ed Enrica Segre.
COMMITTENTE | COMUNITÀ EBRAICA DI TORINO |
PROGETTO DI | FRANCO LATTES E ENRICA SEGRE |
DIREZIONE LAVORI | ENRICA SEGRE |
PROGETTATO NEL | 1990 |
REALIZZATO NEL | 1990/93 |
IMPORTO LAVORI IN EURO | 250.000,00 |
ESPOSTO | |
PUBBLICATO IN: | F.Lattes P.Valentini, Parole oggetti immagini e architetture delle sinagoghe piemontesi – 2007 – Allemandi ed. – catalogo della mostra MONOGRAFIA |