Progetto Binario Borgo San Dalmazzo
CONCORSO PER LA SISTEMAZIONE DI UN'AREA AD USO RICREATIVO, CULTURALE E SPORTIVOIL SITO
La superficie di terreno destinata al progetto si configura come una striscia di confine, incuneata fra la strada statale e la ferrovia. Come è delle zone di confine, essa non ha caratteristiche specifiche; è piuttosto “terra di nessuno”: una sorta di deserto in parte cintato ( zona sportiva) e chiuso ( bocciofila), in parte slabbrato verso l’aperta campagna, e scompensato a causa del baricentro spostato verso il complesso della scuola e dell’ex caserma (anch’esso animato solo per pulsazioni periodiche, cioè dalla vita scolastica).
L’intero lotto è percorso in senso trasversale da un solo sentiero che conduce, subito al di là della ferrovia, al cimitero del paese.
Alla metà circa della sua lunghezza, il lotto presenta un’interruzione sul lato della strada statale, nell’andamento della sua geometria per il resto lineare, a cuneo, per l’inclusione di nuove costruzioni residenziali e di rimanenze edilizie agricole-bracciantili: cosa che produce una strozzatura nella forma del lotto, dividendolo di fatto in due tronconi non facilmente integrabili.
Peraltro, l’intera estensione presenta caratteri positivi, se la si considera nel resto del paese, e del suo intorno. E’ una vasta zona pianeggiante, facilmente edificabile (a meno di verifiche sulla situazione geologica e sul regime idrico e della falda freatica), di comodo accesso per gli abitanti del paese (ove si realizzasse l’alleggerimento del traffico automobilistico, dirottandolo su altra circonvallazione, o comunque selezionandolo dal trasporto pesante), ma soprattutto di agevole richiamo per il paese del circondario. Per certi versi anzi, potrebbe costituire polo di attrazione per un’area anche più vasta: da Cuneo fino alla Francia.
PREMESSA AL “PROGETTO”
Nella storia della trasformazione degli insediamenti umani, gli architetti hanno spesso pensato di poter rivestire il ruolo di demiurghi, di poter cioè trasformare forme e modi dell’organizzazione sociale a partire dagli involucri spaziali che ne costituiscono la rappresentazione materica: Tutto ciò indipendentemente dalla reale complessità dei processi, delle forze, dei soggetti che determinano il modificarsi del territorio degli aggregati di merci che lo compongono, dei rapporti sociali che su di esso si instaurano.
E’ invece sempre più evidente il frantumarsi dei confini disciplinari tra architettura e le altre scienze del sociale; ciò implica un approccio articolato ai problemi di progetto che ricomponga istanze e competenze diverse non riassumibili in un’unica figura di progettista.
La formulazione (o meglio la non formulazione) del bando di concorso, la impossibilità di riferirsi ad un contesto socio-territoriale precisato e ad obiettivi politici chiaramente delineati, rinnovano la tentazione ad un procedere separato e astratto che riconduce il progettare a motivazioni e linguaggi rinchiusi in se stessi.
Le stesse definizioni di “cultura”, “ricreazione”, “sport”, sono di per se astrazioni generali e generiche ove non siano ricondotte ad un contesto e a obiettivi emancipatori precisi.
Date queste condizioni abbiamo deciso di procedere non tanto alla prefigurazione di un manufatto totalmente determinato, (legittimabile solo in base ad una pretesa competenza tecnica o ad una ineffabile poetica formale di cui la divisione sociale del lavoro ci definisce depositari) quanto all’allestimento di un repertorio di ipotesi, che, singolarmente o nella loro totalità, possano stimolare il superamento dei modelli di riferimento consueti, degli stereotipi di far cultura del ricrearsi, di fare sport.
Il reale momento progettuale diventa dunque, in questo tempo, non tanto la celebrazione rituale del concorso, quanto l’uso strategico e politico della mostra dei progetti redatti, come momento di informazione e formazione, di superamento della delega, di valorizzazione delle reali capacità di intervento sulle scelte da parte degli utenti.
Il progetto si muove su una serie di presupposti:
accettazione, per quanto possibile, del dover considerare il sito una concettualizzazione astratta di una serie di condizionamenti spaziali a monte della redazione del progetto
accettazione di un’idea di centro culturale-ricreativo-sportivo come momento totalizzante, prescindendo dal concetto di cultura, ricreazione, sport, come fenomeni articolati che nella realtà si svilippano in un intreccio fitto con tutti gli altri momenti della vita individuale e collettiva, della produzione e della riproduzione
necessità di realizzare nel territorio di Borgo San Dalmazzo una occasione di forte condensazione sociale, di scambio di informazioni, di impatto violento e inquietante con la dimensione collettiva dei bisogni, dei desideri, delle permanenze e delle modificazioni del vivere sociale.
Alle abitudini del quotidiano, dei riti sclerotizzati, della cultura preconfezionata dai mass-media e dai bollettini parrocchiali, alle facili sicurezze del perbenismo borghese ed ai miti del benessere del consumo, ci proponiamo di sostituire la dimensione conflittuale e creativa della rottura dei codici, la contradditoria complessità dell’intreccio tra le diverse individualità dei soggetti, la capacità dirompente del conoscere e capire il reale, attraverso l’introduzione dei concetti di critica e contaminazione.
Ne conseguono le seguenti indicazioni progettuali:
la definizione di una pluralità di occasioni delle diverse attività che compongono un sistema fitto e articolato che si dispiega in una serie di percorsi su tutta l’area disponibile per il progetto. Tale sistema tuttavia non va considera to come una prefigurazione totale, quanto come un repertorio di possibilità su cui innestare un processo di scelte; il progetto rappresenta solo una traccia, un suggerimento ( gli edifici progettati sono disposti perpendicolarmente all’asse stradale esposti come merce da scegliere).
Un processo da innescare e sostenere non tanto attraverso episodi di “partecipazione” burocratica, quanto da una riappropriazione dello spazio a partire dai momenti aggregativi che già si esprimono nell’area: ( la scuola, la bocciofila, il calcio ecc.) per alleargarsi fino ad investire tutto il possibile bacino di utenza (i residenti nelle vallate circostanti, i turisti in transito, ecc.)
L’enfatizzazione dei momenti lucidi informali, creativi, legati a caratteri flessibili ed effimeri di gran parte degli oggetti progettati.
L’individuazione di alcuni momenti riconoscibili e specializzati, come elementi di richiamo e di provocazione che suscitano interessi e stimolino alla riappropriazione degli spazi.
La predominanza di spazi non specializzati, fittamente interrelati con i nodi specializzati, per stimolare la rottura dei codici di comportamento e la contaminazione tra pratiche separate.
La leggibilità delle stratificazioni di successivi interventi che il sito ha subito nella storia come prima fonte di cultura.
IL PROGETTO
La presenza dell’ex caserma per il rilevante significato che ha assunto nella storia di Borgo San Dalmazzo e dell’intera regione (l’unico lager in Piemonte e uno dei pochissimi in tutta la nazione, nel periodo delle persecuzioni antisemite), costituisce un forte elemento condizionante di tutto il progetto.
All’edificio risanato dell’ex caserma è affidato il compito di segnare l’ingresso principale al complesso, il momento di gestione, il collegamento con la scuola. L’interasse dei suoi pilastri ( circa ml 3,60) determina la griglia modulare che scandisce l’intero complesso.
L’asse ferroviario che determina il confine sud-ovest del sito rafforza l’idea di un asse longitudinale che lo percorre.
La presenza della ferrovia è evocata da un asse modulare ad essa parallelo, su cui si attestano, a seconda delle necessità e degli eventi, una serie di “vagoni” adibiti a funzioni diverse.
A questo si affianca ancora un secondo asse costituito da un corso d’acqua ottenuto deviando la roggia esistente e che testimonia la funzione originariamente manifatturiera dell’ex caserma; il canale, che lambisce le diverse attività, è navigabile da canoe ed è servito da una serie di “vagoni” attrezzati ad imbarcadero.
A questo si affianca ancora un percorso aereo consistente in una pensilina metallica che parte dal piano di campagna in corrispondenza della “Area di Rigore” per collegarsi in quota al “Castello”; la passerella è affiancata da alberi che schermano le costruzioni preesistenti.
Il campo di calcio, attualmente baricentrico rispetto all’intera area, è stato rimosso in quanto elemento chiuso da una barriera invalicabile e deputato ad un uso rituale e periodico. Viene pertanto ricollocato in una zona più periferica e sostituito da attività ludico-informali acessibili alla collettività.
Della sua presenza nella storia del sito rimane tuttavia traccia nella forma della piscina, che ricalca tridimensionalmente la forma e le dimensioni dell’area di rigore.
L’area in progetto si presenta così ripartita: a) zona delle preesistenze: ex caserma e scuola; b) zona per impianti sportivi di base: bocciofila; piazzale per sport informali (eventualmente disponibili per circo, fiera, ballo al palchetto ecc.); piscina; “vagoni”; c) zona aperta: il “Castello” (con la piazza per il mercato coperto sul fronte); campo di calcio; pista artificiale di sci e palestra artificiale di roccia; cantiere con a pie’ d’opera gli elementi prefabbricati dei “vagoni”.
LA CASERMA
L’ex caserma, nata come filanda, costituisce l’elemento generatore del Centro: se “culturale” è una delle connotazioni del Centro, è impensabile non ricuperare questa preesistenxa. Essa costituisce nesso con il substrato storico del paese e del suo intorno; scandisce le stratificazioni delle vicende economiche e sociali del sito (di un’epoca di attività agricolo-manifatturiera, poi preponderantemente fatturiera-industriale, in seguito militare, vicende che culminarono con l’esodo degli ebrei ivi raccolti tra il settembre e il novembre 1943).
La sua struttura è, salvo interventi più recenti, di tecnica settecentesca. E’ senz’altro interessante conservare, e anzi mettere in luce, insieme con la sua storia anche la sua costituzione fisica. La situazione statica e fisica dell’ex caserma è di grave degrado: da questo punto di vista occorrerà intervenire, a deguando l’edificio, a funzioni di uso collettivo e pubblico.
Le nuove destinazioni d’uso che proponiamo rispondono ad una serie di obiettivi progettuali:
creare una testimonianza delle vicende storiche che hanno coinvolto l’edificio e l’agglomerato urbano in cui è inserito;
superare il fatto puramente museografico integrandolo con una serie di attività ed occasioni che lo rendano un organismo di reale promozione culturale, anche in ragione della cumunicazione con l’edificio scolastico attiguo;
la originaria destinazione manifatturiera dell’edificio si presta, nella sua struttura tipologica, alla realizzazione di laboratori artigianali che promuovano la conoscenza, da parte degli studenti e di un’utenza più ampia, di vecchie e nuove professionalità;
una nuova struttura è prevista, sul prolungamento dell’asse del braccio diroccato: una “silhouette” ne continua l’ipotetica situazione originaria e rappresenta anche con il suo scheletro la distruzione del tempo della guerra e della incuria.
Questa scelta risponde anche alla necessità di non creare una cortina allo spazio dell’ex cortile dell’edificio: tale spazio, previsto come anfiteatro, focalizzato sulla parete di facciata ad arconi diviene uno spazio scenico utilizzabile per spettacoli all’aperto.
Gli arconi della facciata principale sono, ripuliti dai maldestri interventi, aperti completamente, salvo tre (dei sei esistenti), che presentano ancora traccia di originari utilmente ricuperabili: questi rappresenteranno anche le differenti epoche della vita dell’edificio (e delle vicende di borgo): la filanda, la ex caserma, il regime fascista.
Dalla ex caserma, attraverso gli spazi interni riabilitati a museo ed esposizione si passa allo spazio esterno attraverso bovindi vetrati che, rispondendo alla esigenza di uscita di sicurezza, incanalano il flusso e l’attenzione dei visitatori, introducendoli con un suggerimento di percorso alle nuove attrezzature
“L’AREA DI RIGORE”
Edificio in cemento armato e muratura con un ampio lucernario lungo il suo asse trasversale ed un’esedra vetrata.
La planimetria dell’edificio, che deriva come suggestione formale dall’area di rigore preesistente campo di calcio; si presta particolarmente, anche per il richiamo a stereotipi razionalisti, ad accogliere una piscina.
Tale scelta deriva sia dalla diffusa domanda di questo tipo di attrezzatura sportiva, sia dal fatto che il rapporto con l’acqua costituisce uno dei momenti elementari di contaminazione tra gioco e sport.
Al piano superiore dell’edificio è prevista una balconata destinata ai giochi del biliardo, del tennis tavolo, del bowling.
Una serie di riferimenti simbolici nel disegno dei fronti connotano la vocazione sportiva dell’edificio e del terreno circostante.
Gli impianti tecnici della piscina, collocati nell’interrato, dovranno essere sufficientemente dimensionati per servire anche le altre parti del complesso eventualmente realizzato; tali impianti potranno essere integrati da pannelli solari disposti sulla copertura.
Lo schema distributivo si sviluppa attorno ad una sala polivalente centrale su cui si attestano quattro “torri” che costituiscono altrettante strutture di servizio, contenitori di elementi essenziali per le attività attinenti al “gesto”, alla “immagine”, al “suono” e al “corpo”. Le torri si prolungano in una serie di locali più flessibili destinati a contenere attività derivanti dalla specializzazione della torre su cui gravitano, e che preludono ad un utilizzo totale e promi scuo della sala polivalente, in cui si suggerisce la contaminazione tra le diver se categorie.
La sala polivalente è utilizzabile con diverse disposizioni di arredi mobili (gradinate basculanti, tramezze mobili, ecc.) per attività sportive, teatrali,culturali, convegni, ecc. Una serie di salette e spazi liberi disposti
“IL CASTELLO”
Costituisce l’elemento principale, il cuore delle attività del centro. E’ prevista una maglia regolare di pilastri, in cemento armato con orizzontamenti metallici reticolari, coperture in lamiera o eternit e tamponamenti opachi e vetrati che ripropongono tipologie industriali presenti in modo significativo nel paesaggio circostante.
attorno alla sala polivalente, la cui delimitazione con pannelli leggeri è resa agevole dalla griglia modulare dei pilastri, rende possibile l’adeguamento del “castello” alle esigenze di crescita e trasformazione.
Attorno alla sala polivalente si articola una serie di percorsi, ballatoi, balconate a più livelli che garantiscono la percezione visiva delle diverse attività che si svolgono nel “castello” e attorno ad esso.
“IL TRENO”
Con caratteri essenzialmente di servizio agli impianti all’aperto, costituisce nell’organizzazione del Centro l’elemento più flessibile ed effimero, il polmone principale di crescita e di adeguamento a nuove funzioni di cui si possa verificare l’esigenza.
Il sistema del “treno” è costituito da un tracciato longitudinale, il binario, che percorre in tutta la sua lunghezza, e in cui sono collocate le canalizzazioni degli impianti tecnologici e sanitari. Le canaline sono accessibili attraverso pozzetti d’ispezione, posti secondo la maglia dell’intero complesso, per permettere il supporto tecnico e strutturale agli elementi di “vagone” che possono venire realizzati in ogni suo punto.
La struttura dei “vagoni” consiste in elementi seriali in acciaio, con funzione portante, inseriti nel “binario”, che sorreggono archi a balestra e tiranti su cui poiggia la coperura metallica. Un repertorio di pannelli di tamponamento denota formalmente la flessibilità d’uso dell’oggetto.
Sono stati rapprensentati in tavola i vagoni “serra”, “giardino di inverno”, “ristorante”, “club”, “gradinata”, “spogliatoio”, “imbarcadero”. Altre destinazioni d’uso possono essere facilmente ipotizzate.
Nell’economia generale del complesso riteniamo particolarmente significativo l’elemento “serra” – “giardino d’inverno” legato sia alla scuola, come riscoperta di un sapere agricolo storicamente radicato e scoperta della natura circostante, sia alla bocciofila, come occasione di riappropriazione del contesto territoriale da parte di un gruppo organizzato.
Ancora l’idea di “treno” evoca il concetto della mobilità, dell’ “altrove” di un desiderio di qualcosa di diverso e nuovo, e pure ribadisce il forte collegamento storico, e ancora di più attuale, con la città di Cuneo e con le vallate.
COMMITTENTE | COMUNE DI BORGO SAN DALMAZZO |
PROGETTO DI | FRANCO LATTES |
DIREZIONE LAVORI | |
COLLABORATORI | |
PROGETTATO NEL | 1981 |
REALIZZATO NEL | NON REALIZZATO |
IMPORTO LAVORI IN EURO | |
ESPOSTO | PRIMO PREMIO |
PUBBLICATO IN: | A. Abriani, E. Calvi, F. Di Suini, F. Lattes, D. Surace, R. Tabò, S. Tron (1982), Il progetto Binario in Vivere architettando – Catalogo della mostra, pagg. 70, 177, 178. Milano Mazzotta F. Lattes (con altri, 1984), La zona Nord di Torino, intervento nell’area C.I.R. in Torino, progetti per la città |